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Tripstillery. Il primo cocktail bar con distilleria fai da te e aperitivo “francescano”.

28/10/2022

Ci mancava solo la distilleria fai da te per creare i propri intrugli, imbottigliarli ed etichettarli pure. In centro a Milano, sotto gli occhi di tutti e addirittura a norma di legge. Ci mancava, per questo è nato Tripstillery, il primo cocktail bar con alambicco a disposizione di chiunque voglia trasferire l’idea di sapore che gli frulla in testa ad un distillato o ad un liquore unico e a tiratura limitata, sotto la supervisione di un mastro distillatore (Francesco Zini). Abbiamo incontrato Sabina Yausheva, miglior barlady dalla Guida di Identità Golose 2022 ed entusiasta direttrice di Tripstillery. Una ragazza di “spirito” ma molto seria quando ci parla del lavoro che svolge insieme al founder e bar manager Luca Vezzali e a Francesco Pagliara, braccio destro di Luca e, con lui, ideatore della cocktail list.

PN: Il primo cocktail bar con distilleria interna aperta al pubblico. Come funziona? Esiste un quantitativo minimo di bottiglie per il quale avviate l’alambicco? 
SY: La produzione “privata” prevede una base di 42 bottiglie estendibile a 90, a 22 euro l’una. Il nostro consiglio è di prenotarsi prima così da poter contare sulla presenza di Francesco, il mastro distillatore che guida il Cliente verso la ricetta finale, partendo da un sentore iniziale, sia esso ginepro, lavanda o camomilla.  Questa fase di briefing prevede anche un test olfattivo delle spezie così da individuare le giuste note che andranno a comporre la ricetta.

PN: Le persone interessate vengono già con un’idea in testa di distillato? 
SY: Dipende dal Cliente, oltre che a singoli privati ci rivolgiamo a piccoli locali e a negozi che ad esempio hanno un profumo e vogliono trasformarlo in un liquore da regalare a Natale. Poi ci sono gli appassionati di gin che si fanno la loro produzione da regalare in occasione di un compleanno o di una ricorrenza.

PN: Distillate solo gin?
SY: È il protagonista del periodo ma abbiamo appena fatto una nuova release di amari con un originale color verdino rispetto al solito ambrato. Presto produrremo anche liquori.

PN: Cosa può andare storto a un distillatore improvvisato nel suo garage di casa?
SY: La testa e la coda sono le parti più nocive per la salute ma tutto il prodotto possiede alcol, infiammabile e molto volatile. Oltre al rischio di esplosioni ci si può anche ustionare con gli ingredienti. Noi siamo supercontrollati, sicuri e lavoriamo in un ambiente precluso ai non addetti ai lavori. A casa consiglierei di dedicarsi al limite all’infusione di un limoncello.

PN: Hai dichiarato che un bartender è un po’ come uno chef, solo che usa i bicchieri anziché i piatti e lavora a contatto col pubblico. Altra analogia potrebbe essere quella con la figura del dj che adatta la musica alla risposta del pubblico in sala? In fondo anche lui “mixa” ingredienti. Rimanendo in tema, accetti richieste? Tipo “mi metti più gin”?
SY: Io non lavorando più al bancone diciamo che ho lasciato la console per fare la manager (o la producer). La nostra priorità è proporre i nostri drink e i nostri ingredienti. Il mojito non è nelle nostre corde, se ce lo chiedi ti dirottiamo su valide alternative. Sconsigliamo vivamente le aggiunte di liquore ad un cocktail servito un po’ per rispettarne l’equilibrio e un po’ perché Tripstillery ha una mission diversa da un chiringuito sulla spiaggia.

PN: La mixology sta vivendo un boom, dove la sperimentazione e le contaminazioni tra beverage e cucina sembrano non conoscere confini, tanto da proporre cocktail inconsueti come quelli fatti con la colatura d'alici o il sangue di maiale. anche voi avete qualche provocazione in bicchiere?
SY: Non avendo una cucina ma un laboratorio, tutto il food è  pronto e le lavorazioni avvengono solo su frutta, verdura e spezie, già orientate verso il mondo della distilleria. In passato ho lavorato in posti che proponevano cocktail “contaminati” dalla cucina ma, senza arrivare ad ingredienti estremi. Improvvisando, se il piatto forte è la pasta al pomodoro potrei fare un bloody mary decorato con chips di grano duro e basilico.

PN: Com’è arrivato il rosmarino nei gin tonic?
SY: È un trend inaugurato da un noto brand italiano che cercava profumazioni mediterranee. Noi siamo molto minimali, possiamo usare il limone o una oliva o le mie adorate foglie di the o anche la frutta secca e i fiori. Personalmente mi piace il “dolcino floreale fruttato” ma non invadente, deve essere delicato come il sambuco o la camomilla. Non amo invece la rosa, che ho bannato dalle nostre proposte.

PN: Oltre alla naturalità degli ingredienti e al km zero, attraverso quali comportamenti, anche quotidiani, Tripstillery si può definire un’attività ecosostenibile?
SY: Attraverso la tipologia di tutti i materiali, siamo plastic free, quindi no cannucce, tutta carta e bottiglie solo in vetro. Inoltre conteniamo i consumi allo stretto necessario, stoccando solo quello che sappiamo consumeremo per non generare sprechi.

PN: Un impegno che vi allinea a quello di Portanuova. A proposito, ti piace il quartiere?
SY: Sono arrivata a Milano 10 anni fa e posso dire che Portanuova è la mia zona preferita. Io sono di origine kazaka ma vengo da esperienze lavorative a Roma e questo quartiere mi ricorda New York, la city di Londra, Dubai.

PN: Avete anche una clientela fissa, di aficionados?
SY: Siamo aperti da poco ma abbiamo il nostro giro diurno di uffici mentre alla sera tanti abitanti o i visitatori del quartiere fanno un salto per l’aperitivo o nel dopocena. Alcuni di loro vengono con una certa frequenza. Si tratta di una clientela prevalentemente di millennials, quindi tra i 25 e i 40 anni.

PN: Esiste ancora l’happy hour milanese degli anni Novanta?
SY: Ha fatto prima un boom e poi un crash perché servire dei banchetti luculliani in cambio di cocktail scontatissimi è un attività con un modello di business che faccio fatica a comprendere. Come può essere conveniente? L’aperitivo nasce per stuzzicare l’appetito senza soddisfarlo pienamente, deve far venire il giusto languorino per andare a cena. Il nostro “ape” è “francescano”, con un panetto con sale e accompagnato dal favoloso olio di oliva di un piccolo produttore di Foggia.

PN: La gente assapora i cocktail o li trangugia?
SY: Il lockdown ha educato le persone che, a locali chiusi, tentando di riprodurre i drink dei bar nelle proprie case hanno realizzato quanto studio, tempo e lavoro ci sia dietro ad un cocktail ben miscelato e con ingredienti di qualità. Parlando di gin tonic le persone hanno anche imparato a distinguere le toniche, di cui spesso ci domandano caratteristiche e provenienza.

PN: Quali sono i bestseller?
SY: Gin Tonic e Martini, anche per la per curiosità di assaggiare i nostri prodotti. Poi ovviamente gli Spritz e il Ginger Mule.

PN: E’ possibile abbinare ad un piatto il cocktail ideale come si fa con il vino?
SY: Si può andare per contrasto bilanciando acidità e dolcezza. I dessert possono invece essere serviti con drink a base dello stesso ingrediente, rivisitato.

PN: Qual è tuo cocktail preferito?
SY: Sono una grandissima fan del Manhattan e del Rob Roy, entrambi a base whisky, uno torbato, uno “dolcino”. Me li godo come fossero carezze, soprattutto d’inverno.

PN: Fate eventi in Tripstillery?
SY: Ogni giovedi, proponiamo degustazioni con dj set di accompgnamento all’ape e l’intervento di guest bar tender da tutta Italia, in futuro anche provenienti dall’estero.

PN: Il rispetto per l’ambiente si concretizza nei processi di essicazione e di coltivazione di erbe e spezie che provengono da terre sul lago Iseo di proprietà di Tripstillery. Hai visitato queste terre?
SY: Non ancora ma confido di visitare un giorno il Brasile dove, chissà, magari un giorno coltiveremo il nostro caffè Coffeellery!


Tripstillery ti aspetta in Piazza Alvar Aalto con questi orari di apertura:
Dal lunedì al giovedì: 08–01. Venerdì: 08–02. Sabato: 09–02. Domenica: 09–01


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